Lotto No. 559 #


Nicolas Prevost


Nicolas Prevost - Dipinti antichi

(Parigi 1604–1670 Richelieu) Lucrezia, olio su tela, cm 113,7 x 91,7, con cornice Provenienza: forse intorno al 1640 da Armand-Jean du Plessis, cardinale e duca di Richelieu (Parigi 1585–1642), commissionato per la “Chambre Lucère“ dell'appartamento della regina a “Château de Richelieu“; forse in occasione della demolizione dello Château ai primi dell'Ottocento descritto e venduto come Lucrèce se donnant la mort (1835); collezione privata europea. Ringraziamo il dottor Sylvain Kerspern, che ha confermato l'autografia del dipinto in esame. Il dipinto è accompagnato da una lunga expertise di Sylvain Kerspern. Anche John Schloder ha confermato l'attribuzione. Il contributo di Sylvain Kerspern e Paola Bassani Pacht all'artista che lavorò per il cardinale Richelieu e alle sue opere in occasione della recente mostra sullo Château de Richelieu ha fatto luce su Prévost, figura di spicco del classicismo francese (vedi P. Bassani Pacht/ S. Kerspern, Le décor peint à Richelieu: l’action, la gloire et le pinceau, in: D. Cimorelli (a cura di) Richelieu à Richelieu: architecture et décors d'un château disparu, catalogo della mostra , Musées des Beaux-Arts d’Orléans, 12 marzo–13 giugno 2011, Milano 2011, pp. 115–128). In numerosi resoconti di visite a Château de Richelieu, un tempo celebre, il palazzo costruito per il cardinale poco prima della sua morte a Poitou viene descritto almeno un dipinto raffigurante Lucrezia nel salotto detto Chambre Lucrece, che si trovava nell'ala destra del palazzo, negli appartamenti della regina. La camera aveva due caminetti, e su uno di essi pendeva il dipinto con Lucrezia (cfr. ad esempio B. Vignier, Le Château de Richelieu, ou l'histoire des dieux et des héros de l’antiquité, Desbordes 1676, pag. 79, e precedentemente Brackenhoffer [1644], Laurent Bouchet [fra il 1642 ed il 1653] e Desmarets de Saint-Sorlin [1653]). Se il dipinto qui descritto sia quello in esame, non è possibile affermarlo con sicurezza. Un frammento ad Orléans è stato messo in relazione con questo dipinto sul caminetto andato perduto, ma nel frattempo viene identificato come una delle allegorie che erano esposte come sovrapporte nell'appartamento della regina. Il frammento giunge nel 1824 come parte del lascito Pilté-Grené al Museo di Orléans, mentre di Lucrèce se donnant la mort si dice che il quadro nel 1835 si sarebbe trovato negli edifici annessi al castello (vedi l'expertise allegata di Kerspern). La descrizione del 1835 fornisce le misure approssimative dell'opera perduta;:“5 pieds 4 pouces de haut sur 4 pieds 8 pouces“, ossia all'incirca cm 173 x 152 , il che corrisponde grossomodo alle misure del quadro appeso sopra il camino nella Gardes, L'idolatria di Salomone (olio su tela, cm 184 x 170 , Orléans, Musée des Beaux Arts, inv. n. 49.24.2). Se il dipinto in esame dovesse effettivamente essere identificato come il quadro perduto della Chambre de Lucrece, allora le sue dimensioni si sarebbero notevolmente ridotte dal 1835 ad oggi. Secondo la descrizione di Vignier del 1676 il quadro raffigurava anche il padre e il marito di Lucrezia, il che potrebbe essere un'indicazione di parti forse mancanti; benché il dipinto in esame non faccia un'impressione frammentaria, si potrebbe tuttavia ritenere possibile che sia stato tagliato. Come ulteriore argomento Kerspern sottolinea che le stanze della regina secondo il resoconto di Desmarets de Saint-Sorlin del 1653 erano dipinte in determinati colori che dominavano anche nei dipinti che le decoravano: ad esempio nella Chambre de Porcia predominava l'azzurro, come pure sul quadro sul camino della stanza. Il colore indicato come tonalità predominante per la stanza di Lucrezia è il vermiglio, che ricorre anche nel dipinto in esame. I quadri furono spostati altrove mentre erano esposti ancora nel castello: Polissena ad esempio, che era in origine destinato al camino della stanza del re, fu poi spostato intorno al 1740 come sovrapporta nella Chambre Lucrece (cfr. H. T. Goldfarb [a cura di], Richelieu (1585–1642), Kunst, Macht und Politik, catalogo della mostra , Gent 2002, pag. 312). Dal punto di vista iconografico il dipinto in esame s'inserisce perfettamente nel programma iconografico che il cardinale aveva previsto per le stanze della regina, tutto dedicato a donne forti, caste e politicamente influenti (cfr. su questo tema e sugli incarichi di Prévost per il castello R. Schrodi-Grimm, Die Selbstmörderin als Tugendheldin. Ein frühneuzeitliches Bildmotiv und seine Rezeptionsgeschichte, Göttingen 2009, pp. 85, 86, 144 e 163, soprattutto pag. 251, e C. Richard-Jamet, Cléopâtre: femme forte ou femme fatale, une place équi-voque dans les galeries de femmes fortesaux XVIe et XVIIe siècles, in: Cléopâtre dans le miroir del’art occidental, catalogo della mostra , pp. 37–52, pag. 42). Stilisticamente il dipinto in esame s'inserisce nell'opera di Prévost della maturità dell'artista. L'evoluzione stilistica dell'ultimo Prévost è stata negli ultimi anni accuratamente ricostruita ed analizzata da John Schloder e Sylvain Kerspern s (cfr. J. Schloder, Un artiste oublié, Nicolas Prévost, peintre de Richelieu, in: Bulletin de la Société de l’histoire de l’art français [1980], Parigi 1982, pag. 59–69). Nelle opere della maturità, quando Prévost lavorava quasi esclusivamente per il cardinale Richelieu, egli propendeva per uno stile piuttosto classicistico e sobrio, orientato ad artisti come Jacques Stella (cfr. S. Kerspern, Retour sur l'exposition Bossuet, suite: du nouveau pour Prévost et Licherie, 2008, online). Eppure resta riconoscibile l'ascendente manieristico di pittori come Orazio Gentileschi (a proposito dell'influenza di Gentileschi su Prévost vedi anche K. Christiansen e J. Walker Mann, Orazio and Artemisia Gentileschi, catalogo della mostra , Metropolitan Museum of Art, pp. 209/10). Orazio Gentileschi lavorò fra il 1624 ed il 1626 alla decorazione del Palais du Luxembourg, alla quale, oltre a Simon Vouet, partecipò anche sicuramente Gentileschi fece una forte impressione sul giovane Prévost. Nel quale tuttavia intorno al 1640 si avvertiva anche l'influenza del classicismo francese (cfr. S. Kerspern, Bossuet: Miroir du Grand Siècle, catalogo della mostra , Paris 2004, e S. Kerspern, A propos de Nicolas Prévost et Jacques Stella, Melun 2008 e 2012, online). In effetti i dipinti che in passato venivano attribuiti a Jacques Stella, di recente sono stati restituiti a Prévost, ad esempio la Giuditta già presso Jack Kilgore, Inc., New York (tav. 1). Forse Richelieu si era accorto di Prévost già quando questi collaborava al Palais du Luxembourg. Fra le numerose opere che Richelieu commissionò a partire dai primi anni Trenta del Seicento sino alla morte nel 1642, c'era anche la decorazione degli appartamenti reali che dovevano essere dedicati alle “donne potenti “della storia. Con la scelta di questo programma iconografico, che forse comprendeva anche il dipinto in questione, per la maggior parte dei saloni di rappresentanza del suo palazzo, Richelieu voleva indubbiamente dimostrare la legittimità del regno femminile, cui egli doveva gran parte del suo potere grazie alla reggenza di Maria de’ Medicis fino al 1631 (cfr. Schrodi-Grimm, pag. 252). Il ciclo di dieci donne potenti è interessante nella misura in cui in esso si anticipano le peculiarità stilistiche del dipinto in esame. Il ciclo era destinato a decorare i pannelli murali e nel confronto con i dipinti destinati ad un'esposizione più in vista in alcune sale era di assetto un po' superficiale, decorativo e schematico. Le composizioni pittoriche sono efficaci e semplici, i colori vistosi. La scena con Cleopatra ad esempio,a differenza di quella in oggetto, benché assai più elaborata, di grande interesse. Qui si ritrova già il forte contrasto fra le tonalità di rosso del drappeggio e quelle del bianco dell'incarnato, esattamente come nella composizione di base, con il letto coperto da un panno rosso e la tenda in alto. Il disegno del panno rosso ricamato d'oro a sinistra di Lucrezia è d'altro canto assai simile a quello della Polissena di Prévost (olio su tela, cm 207 x 154, Orléans, Musée des Beaux-Arts, inv. n. 94.24.3), mentre la capigliatura della Lucrezia in oggetto riprende esattamente quella delle due serve inginocchiate a sinistra nel dipinto di Polissena. La catena che regge il vestito di Lucrezia sopra al petto, e determinate caratteristiche della sua fisionomia, ritornano quasi identiche in una Thomyra Kerspern con alcune riserve concede a Prévost e che in passato era attribuita a Stella. La testa e l'espressione solenne, quasi immobile, del volto di Lucrezia sono del resto molto vicine alla Giuditta, già Jack Kilgore. Un significativo raffronto risulta con un Suicidio di Cleopatra in una collezione privata, che alla stregua del dipinto in esame presenta pieghe fini, quasi plissettate, nella veste, le stesse tonalità dell'incarnato e i seni voluminosi. L'ancella che regge la tenda alla sinistra di Cleopatra, somiglia nella tipologia del volto sia alla nostra Lucrezia che alla Giuditta di Kilgore-Judith. In un disegno con Venere e Cupido (Nancy, Musée des Beaux-Arts, inv. n. TH.99.15.1050) si ritrova la stessa struttura fisica compatta con le medesime cosce robuste, in deformazione prospettica. La provenienza del dipinto di proprietà del cardinale Richelieu può essere ritenuta soltanto come un'ipotesi, considerate le opere di facile raffronto ma temporalmente successive degli anni Cinquanta del Seicento. (vedi l'expertise di Kerspern). A prescindere da un possibile collegamento con Richelieu, il dipinto in esame è un'importantissima riscoperta e un'interessante aggiunta al catalogo delle opere dell'artista, che ce lo presenta all'apice della sia creatività e in cui le precoci influenze di Vouet e Gentileschi si coniugano alla concezione artistica di Jacques Stella.

foto aggiuntive

Esperto: Dr. Alexander Strasoldo Dr. Alexander Strasoldo
+43-1-515 60-556

alexander.strasoldo@dorotheum.at

15.10.2013 - 18:00

Stima:
EUR 50.000,- a EUR 70.000,-

Nicolas Prevost


(Parigi 1604–1670 Richelieu) Lucrezia, olio su tela, cm 113,7 x 91,7, con cornice Provenienza: forse intorno al 1640 da Armand-Jean du Plessis, cardinale e duca di Richelieu (Parigi 1585–1642), commissionato per la “Chambre Lucère“ dell'appartamento della regina a “Château de Richelieu“; forse in occasione della demolizione dello Château ai primi dell'Ottocento descritto e venduto come Lucrèce se donnant la mort (1835); collezione privata europea. Ringraziamo il dottor Sylvain Kerspern, che ha confermato l'autografia del dipinto in esame. Il dipinto è accompagnato da una lunga expertise di Sylvain Kerspern. Anche John Schloder ha confermato l'attribuzione. Il contributo di Sylvain Kerspern e Paola Bassani Pacht all'artista che lavorò per il cardinale Richelieu e alle sue opere in occasione della recente mostra sullo Château de Richelieu ha fatto luce su Prévost, figura di spicco del classicismo francese (vedi P. Bassani Pacht/ S. Kerspern, Le décor peint à Richelieu: l’action, la gloire et le pinceau, in: D. Cimorelli (a cura di) Richelieu à Richelieu: architecture et décors d'un château disparu, catalogo della mostra , Musées des Beaux-Arts d’Orléans, 12 marzo–13 giugno 2011, Milano 2011, pp. 115–128). In numerosi resoconti di visite a Château de Richelieu, un tempo celebre, il palazzo costruito per il cardinale poco prima della sua morte a Poitou viene descritto almeno un dipinto raffigurante Lucrezia nel salotto detto Chambre Lucrece, che si trovava nell'ala destra del palazzo, negli appartamenti della regina. La camera aveva due caminetti, e su uno di essi pendeva il dipinto con Lucrezia (cfr. ad esempio B. Vignier, Le Château de Richelieu, ou l'histoire des dieux et des héros de l’antiquité, Desbordes 1676, pag. 79, e precedentemente Brackenhoffer [1644], Laurent Bouchet [fra il 1642 ed il 1653] e Desmarets de Saint-Sorlin [1653]). Se il dipinto qui descritto sia quello in esame, non è possibile affermarlo con sicurezza. Un frammento ad Orléans è stato messo in relazione con questo dipinto sul caminetto andato perduto, ma nel frattempo viene identificato come una delle allegorie che erano esposte come sovrapporte nell'appartamento della regina. Il frammento giunge nel 1824 come parte del lascito Pilté-Grené al Museo di Orléans, mentre di Lucrèce se donnant la mort si dice che il quadro nel 1835 si sarebbe trovato negli edifici annessi al castello (vedi l'expertise allegata di Kerspern). La descrizione del 1835 fornisce le misure approssimative dell'opera perduta;:“5 pieds 4 pouces de haut sur 4 pieds 8 pouces“, ossia all'incirca cm 173 x 152 , il che corrisponde grossomodo alle misure del quadro appeso sopra il camino nella Gardes, L'idolatria di Salomone (olio su tela, cm 184 x 170 , Orléans, Musée des Beaux Arts, inv. n. 49.24.2). Se il dipinto in esame dovesse effettivamente essere identificato come il quadro perduto della Chambre de Lucrece, allora le sue dimensioni si sarebbero notevolmente ridotte dal 1835 ad oggi. Secondo la descrizione di Vignier del 1676 il quadro raffigurava anche il padre e il marito di Lucrezia, il che potrebbe essere un'indicazione di parti forse mancanti; benché il dipinto in esame non faccia un'impressione frammentaria, si potrebbe tuttavia ritenere possibile che sia stato tagliato. Come ulteriore argomento Kerspern sottolinea che le stanze della regina secondo il resoconto di Desmarets de Saint-Sorlin del 1653 erano dipinte in determinati colori che dominavano anche nei dipinti che le decoravano: ad esempio nella Chambre de Porcia predominava l'azzurro, come pure sul quadro sul camino della stanza. Il colore indicato come tonalità predominante per la stanza di Lucrezia è il vermiglio, che ricorre anche nel dipinto in esame. I quadri furono spostati altrove mentre erano esposti ancora nel castello: Polissena ad esempio, che era in origine destinato al camino della stanza del re, fu poi spostato intorno al 1740 come sovrapporta nella Chambre Lucrece (cfr. H. T. Goldfarb [a cura di], Richelieu (1585–1642), Kunst, Macht und Politik, catalogo della mostra , Gent 2002, pag. 312). Dal punto di vista iconografico il dipinto in esame s'inserisce perfettamente nel programma iconografico che il cardinale aveva previsto per le stanze della regina, tutto dedicato a donne forti, caste e politicamente influenti (cfr. su questo tema e sugli incarichi di Prévost per il castello R. Schrodi-Grimm, Die Selbstmörderin als Tugendheldin. Ein frühneuzeitliches Bildmotiv und seine Rezeptionsgeschichte, Göttingen 2009, pp. 85, 86, 144 e 163, soprattutto pag. 251, e C. Richard-Jamet, Cléopâtre: femme forte ou femme fatale, une place équi-voque dans les galeries de femmes fortesaux XVIe et XVIIe siècles, in: Cléopâtre dans le miroir del’art occidental, catalogo della mostra , pp. 37–52, pag. 42). Stilisticamente il dipinto in esame s'inserisce nell'opera di Prévost della maturità dell'artista. L'evoluzione stilistica dell'ultimo Prévost è stata negli ultimi anni accuratamente ricostruita ed analizzata da John Schloder e Sylvain Kerspern s (cfr. J. Schloder, Un artiste oublié, Nicolas Prévost, peintre de Richelieu, in: Bulletin de la Société de l’histoire de l’art français [1980], Parigi 1982, pag. 59–69). Nelle opere della maturità, quando Prévost lavorava quasi esclusivamente per il cardinale Richelieu, egli propendeva per uno stile piuttosto classicistico e sobrio, orientato ad artisti come Jacques Stella (cfr. S. Kerspern, Retour sur l'exposition Bossuet, suite: du nouveau pour Prévost et Licherie, 2008, online). Eppure resta riconoscibile l'ascendente manieristico di pittori come Orazio Gentileschi (a proposito dell'influenza di Gentileschi su Prévost vedi anche K. Christiansen e J. Walker Mann, Orazio and Artemisia Gentileschi, catalogo della mostra , Metropolitan Museum of Art, pp. 209/10). Orazio Gentileschi lavorò fra il 1624 ed il 1626 alla decorazione del Palais du Luxembourg, alla quale, oltre a Simon Vouet, partecipò anche sicuramente Gentileschi fece una forte impressione sul giovane Prévost. Nel quale tuttavia intorno al 1640 si avvertiva anche l'influenza del classicismo francese (cfr. S. Kerspern, Bossuet: Miroir du Grand Siècle, catalogo della mostra , Paris 2004, e S. Kerspern, A propos de Nicolas Prévost et Jacques Stella, Melun 2008 e 2012, online). In effetti i dipinti che in passato venivano attribuiti a Jacques Stella, di recente sono stati restituiti a Prévost, ad esempio la Giuditta già presso Jack Kilgore, Inc., New York (tav. 1). Forse Richelieu si era accorto di Prévost già quando questi collaborava al Palais du Luxembourg. Fra le numerose opere che Richelieu commissionò a partire dai primi anni Trenta del Seicento sino alla morte nel 1642, c'era anche la decorazione degli appartamenti reali che dovevano essere dedicati alle “donne potenti “della storia. Con la scelta di questo programma iconografico, che forse comprendeva anche il dipinto in questione, per la maggior parte dei saloni di rappresentanza del suo palazzo, Richelieu voleva indubbiamente dimostrare la legittimità del regno femminile, cui egli doveva gran parte del suo potere grazie alla reggenza di Maria de’ Medicis fino al 1631 (cfr. Schrodi-Grimm, pag. 252). Il ciclo di dieci donne potenti è interessante nella misura in cui in esso si anticipano le peculiarità stilistiche del dipinto in esame. Il ciclo era destinato a decorare i pannelli murali e nel confronto con i dipinti destinati ad un'esposizione più in vista in alcune sale era di assetto un po' superficiale, decorativo e schematico. Le composizioni pittoriche sono efficaci e semplici, i colori vistosi. La scena con Cleopatra ad esempio,a differenza di quella in oggetto, benché assai più elaborata, di grande interesse. Qui si ritrova già il forte contrasto fra le tonalità di rosso del drappeggio e quelle del bianco dell'incarnato, esattamente come nella composizione di base, con il letto coperto da un panno rosso e la tenda in alto. Il disegno del panno rosso ricamato d'oro a sinistra di Lucrezia è d'altro canto assai simile a quello della Polissena di Prévost (olio su tela, cm 207 x 154, Orléans, Musée des Beaux-Arts, inv. n. 94.24.3), mentre la capigliatura della Lucrezia in oggetto riprende esattamente quella delle due serve inginocchiate a sinistra nel dipinto di Polissena. La catena che regge il vestito di Lucrezia sopra al petto, e determinate caratteristiche della sua fisionomia, ritornano quasi identiche in una Thomyra Kerspern con alcune riserve concede a Prévost e che in passato era attribuita a Stella. La testa e l'espressione solenne, quasi immobile, del volto di Lucrezia sono del resto molto vicine alla Giuditta, già Jack Kilgore. Un significativo raffronto risulta con un Suicidio di Cleopatra in una collezione privata, che alla stregua del dipinto in esame presenta pieghe fini, quasi plissettate, nella veste, le stesse tonalità dell'incarnato e i seni voluminosi. L'ancella che regge la tenda alla sinistra di Cleopatra, somiglia nella tipologia del volto sia alla nostra Lucrezia che alla Giuditta di Kilgore-Judith. In un disegno con Venere e Cupido (Nancy, Musée des Beaux-Arts, inv. n. TH.99.15.1050) si ritrova la stessa struttura fisica compatta con le medesime cosce robuste, in deformazione prospettica. La provenienza del dipinto di proprietà del cardinale Richelieu può essere ritenuta soltanto come un'ipotesi, considerate le opere di facile raffronto ma temporalmente successive degli anni Cinquanta del Seicento. (vedi l'expertise di Kerspern). A prescindere da un possibile collegamento con Richelieu, il dipinto in esame è un'importantissima riscoperta e un'interessante aggiunta al catalogo delle opere dell'artista, che ce lo presenta all'apice della sia creatività e in cui le precoci influenze di Vouet e Gentileschi si coniugano alla concezione artistica di Jacques Stella.

foto aggiuntive

Esperto: Dr. Alexander Strasoldo Dr. Alexander Strasoldo
+43-1-515 60-556

alexander.strasoldo@dorotheum.at


Hotline dell'acquirente lun-ven: 10.00 - 17.00
old.masters@dorotheum.at

+43 1 515 60 403
Asta: Dipinti antichi
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 15.10.2013 - 18:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 05.10. - 15.10.2013